Nel corso del Novecento l'agricoltura sudtirolese ha visto cambiare radicalmente il proprio peso economico, continuando a rivestire un importante ruolo politico e culturale. Durante il secolo la percentuale di popolazione attiva occupata in agricoltura si è fortemente ridotta, passando dal 55% al 12%, e il settore ha cambiato volto. Dalla prevalenza dell'autoconsumo si è passati necessariamente a una gestione delle aziende agricole orientata al mercato, in cui è cruciale la disponibilità continua a innovare e l'attenzione alle esigenze dei consumatori. In Alto Adige le istituzioni locali hanno garantito nel tempo un costante supporto al settore agricolo, promuovendo la creazione di strutture di consulenza, formazione e commercializzazione. A partire dagli anni Cinquanta, inoltre, le famiglie contadine sono state sostenute anche attraverso l'integrazione del reddito, con l'impiego di ingenti risorse finanziarie. L'idea sottesa a queste politiche è stata quella di evitare un fenomeno come l'esodo rurale, che altrove ha portato allo spopolamento di molte aree alpine, mirando a un duplice obiettivo: preservare l'integrità ambientale del territorio, che solo la presenza costante dell'uomo può garantire, e tutelare al contempo gli equilibri sociali e le valenze culturali legate al mondo contadino.